Gruppi di base

I gruppi di base o “comunità territoriali”, sempre in cerca di percorsi inediti, sono luoghi di impegno sul territorio, di vocazione e formazione, di invio e sostegno di partenti.

Risonanze su iniziative nel territorio locale

Il giorno 2 maggio presso la Basilica di San Nicola di Bari l’Ufficio Migrantes dell’Arcidiocesi Bari-Bitonto ha animato la celebrazione eucaristica intitolata San Nicola il pellegrino, una messa per e con i migranti che si tiene in una delle giornate del novenario di preparazione alla ricorrenza del santo patrono della città.
Un momento bello di ecumenismo vero, reale, senza confini come termine invoca, perché ha messo in relazione “fedeli locali” con persone di diversa nazionalità e religione insediate nel territorio barese oppure ospiti del CARA di Bari Palese, resi partecipi del rito con l’ufficio delle letture e le preghiere dei fratelli proclamate e recitate in lingua inglese e italiana.
Una testimonianza che un’armonia tra le “differenze” è possibile se si creano occasioni d’incontro, ascolto e conoscenza dell’altro, sebbene faticoso.
In quest’ottica, il rito è stato preceduto da una breve spiegazione alle persone ospitate presso il CARA della storia e delle opere del santo – nonché della tradizione barese ad esso ruotante –, una storia di migrazione come la loro giacché, San Nicola, originario di Patara di Licia, in Turchia, ha svolto il suo ministero, prima sacerdotale poi vescovile, a Myra e ha fatto esperienza di prigionia ed esilio durante l’impero di Diocleziano. Una storia, anch’essa, che ha attraversato i mari e che nemmeno dopo la morte lo ha visto giacere fisso in un posto perché le sue ossa furono trafugate da 62 marinai baresi dalla Cattedrale di Myra per essere poi condotte, per nave, nella loro città di Bari.

Incontro 1 giugno 2019

Religiosi e laici, insieme nella stessa “famiglia carismatica”

Preghiera
(Invocazione allo Spirito Santo – don Tonino Bello)

Spirito di Dio, che agli inizi della creazione ti libravi sugli abissi dell’universo e trasformavi in sorriso di bellezza il grande sbadiglio delle cose, scendi ancora sulla terra e donale il brivido dei cominciamenti.
Questo mondo che invecchia, sfioralo con l’ala della tua gloria. Dissipa le sue rughe. Fascia le ferite che l’egoismo sfrenato degli uomini ha tracciato sulla sua pelle. Mitiga con l’olio della tenerezza le arsure della sua crosta. Restituiscigli il manto dell’antico splendore, che le nostre violenze gli hanno strappato, e riversa sulle sue carni inaridite anfore di profumi.
Permea tutte le cose, e possiedine il cuore. Facci percepire la tua dolente presenza nel gemito delle foreste divelte, nell’urlo dei mari inquinati, nel pianto dei torrenti inariditi, nella viscida desolazione delle spiagge di bitume. Restituiscici al gaudio dei primordi. Riversati senza misura su tutte le nostre afflizioni. Librati ancora sul nostro vecchio mondo in pericolo. E il deserto, finalmente, ridiventerà giardino, e nel giardino fiorirà l’albero della giustizia, e frutto della giustizia sarà la pace.
Spirito Santo, che riempivi di luce i profeti e accendevi parole di fuoco sulla loro bocca, torna a parlarci con accenti di speranza. Frantuma la corazza della nostra assuefazione all’esilio. Ridestaci nel cuore nostalgie di patrie perdute. Dissipa le nostre paure. Scuotici dall’omertà. Liberaci dalla tristezza di non saperci più indignare per i soprusi consumati sui poveri. E preservaci dalla tragedia di dover riconoscere che le prime officine della violenza e della ingiustizia sono ospitate dai nostri cuori.

Messa di invio

Il 13 giugno alle 20.30 nella chiesa di S. Lorenzo, a Bologna, è stata celebrata la messa di invio con l’arcivescovo Zuppi; la diocesi di Bologna mi invia in missione come fidei donum.
Questo mio secondo mandato ad extra nasce all’interno del centro missionario diocesano, di cui faccio parte, che ha deciso di creare una collaborazione con la diocesi di San Salvador di Bahia, aprendo nuove strade di partecipazione e cooperazione tra le due diocesi. Questo mi fa molto piacere perché permetterebbe al centro missionario – impegnato attualmente solo in Tanzania (diocesi di Iringa) – di aprire una finestra alla realtà latinoamericana.
È anche una partenza “insolita” all’interno dei LMC, perché non è un progetto dei religiosi o dei laici comboniani, ma frutto di una collaborazione esterna e forse possibile apripista per il futuro.

Risonanze su iniziative nel territorio locale

In data 30 aprile si è tenuto il quarto incontro del ciclo “Martedì della conoscenza” organizzato dai Missionari Comboniani di Bari dal titolo “Appunti di Diritto Migratorio: Protezione, Accesso, Limiti” nel quale Uljana Gazidede, avvocato del Foro di Bari, ha tratteggiato le problematicità legali esistenti nella disciplina del diritto migratorio.
Una materia che vede, oggi, molti settori devoluti alla competenza legislativa dell’Unione Europea nell’ottica di realizzazione di una politica immigratoria comunitaria nell’equo trattamento dei cittadini dei paesi terzi regolarmente soggiornanti negli Stati membri (art. 79 TFUE) a cui questi devono, quindi, conformarsi, residuando la loro potestà solo negli ambiti specificamente previsti dai Trattati.
Tuttavia, tale normativa soffre, ancora, di un’applicazione frammentaria e farraginosa a livello governativo nazionale che genera un iter complesso e poco trasparente pregiudicante l’accertamento della regolarità degli ingressi e, di conseguenza, il rilascio dei permessi di soggiorno o di una qualche forma di protezione giuridica in favore degli immigrati.
L’avv. Gazidede, originaria di Durazzo, rappresenta una fetta di storia dell’immigrazione albanese in terra di Bari che ha provato sulla propria pelle cosa significa scappare dal proprio Paese per ragioni forzate, dover essere ammessi da uno Stato e doversi inserire in contesti diversi da quelli di appartenenza: circostanze che hanno alimentato in lei il desiderio di accompagnare la popolazione albanese e chi non è comunitario sulla strada diretta al riconoscimento di quei diritti che dovrebbero esserlo per natura, come il semplice fatto di “essere”, “stare” su una parte di Terra, di migrare, per l’appunto: diritto che, invece, risulta essere, da sempre, una prerogativa di una sola fetta di mondo e una negazione per la restante parte.

Incontro 27 aprile 2019

IN ASCOLTO DI ALCUNI TESTIMONI


Preghiera
(Maria, donna del terzo giorno – don Tonino Bello)

Santa Maria, donna del terzo giorno, destaci dal sonno della roccia. E l’annuncio che è Pasqua pure per noi, vieni a portarcelo tu, nel cuore della notte.
Non aspettare i chiarori dell’alba. Non attendere che le donne vengano con gli unguenti. Vieni prima tu, coi riflessi del Risorto negli occhi e con i profumi della tua testimonianza diretta.
Quando le altre Marie arriveranno nel giardino, con i piedi umidi di rugiada, ci trovino già desti e sappiano di essere state precedute da te, l’unica spettatrice del duello tra la vita e la morte. La nostra non è mancanza di fiducia nelle loro parole. Ma ci sentiamo così addosso i tentacoli della morte, che la loro testimonianza non ci basta. Esse hanno visto, sì, il trionfo del vincitore. Ma non hanno sperimentato la sconfitta dell’avversario. Solo tu ci puoi assicurare che la morte è stata uccisa davvero, perché l’hai vista esanime a terra.
Santa Maria, donna del terzo giorno, donaci la certezza che, nonostante tutto, la morte non avrà più presa su di noi. Che le ingiustizie dei popoli hanno i giorni contati. Che i bagliori delle guerre si stanno riducendo a luci crepuscolari. Che le sofferenze dei poveri sono giunte agli ultimi rantoli. Che la fame, il razzismo, la droga sono il riporto di vecchie contabilità fallimentari. Che la noia, la solitudine, la malattia sono gli arretrati dovuti ad antiche gestioni. E che, finalmente, le lacrime di tutte le vittime delle violenze e del dolore saranno presto prosciugate come la brina dal sole della primavera.
Santa Maria, donna del terzo giorno, strappaci dal volto il sudario della disperazione e arrotola per sempre, in un angolo, le bende del nostro peccato. A dispetto della mancanza di lavoro, di case, di pane, confortaci col vino nuovo della gioia e con gli azzimi pasquali della solidarietà.
Donaci un po’ di pace. Impediscici di intingere il boccone traditore nel piatto delle erbe amare. Liberaci dal bacio della vigliaccheria. Preservaci dall’egoismo. E regalaci la speranza che, quando verrà il momento della sfida decisiva, anche per noi come per Gesù, tu possa essere l’arbitra che, il terzo giorno, omologherà finalmente la nostra vittoria.

Risonanze su iniziative nel territorio locale

Organizzato dalla Caritas diocesana, il giorno 2 marzo si è tenuto un incontro sul tema Beati i miti. AAA Parole e gesti non violenti CERCASI”, nel quale è intervenuto Marco Iasevoli, giornalista di “Avvenire” che ha offerto molteplici spunti di riflessione.
La mitezza non riguarda soltanto atteggiamenti e comportamenti, ma è anche un progetto culturale: per sostenere un servizio ci vuole sempre formazione e cultura, perché ad un certo punto per andare avanti, per procedere, per migliorare, non basta la buona volontà. La mitezza ci richiama all’unità della nostra persona, alla coerenza tra fede e vita: non è possibile essere cristiani solo in chiesa ma non anche in famiglia, al lavoro, per strada, sui social network. Attraverso la formazione e la cultura siamo chiamati a fare sintesi delle varie pulsioni che ci abitano.
Bisogna fare attenzione ad un rischio, e cioè che non si passi dalla “mitezza” al sentirsi “mito”: è necessario purificarsi costantemente dalla tentazione di vivere il servizio come un potere.

Incontro 30 marzo 2019

LA MISSIONE DI COMBONI: LA STORIA, LE SFIDE, LE SUE SCELTE

 

Preghiera
(Maria, donna del Sabato santo – don Tonino Bello)

Santa Maria, donna del Sabato santo, estuario dolcissimo nel quale almeno per un giorno si è raccolta la fede di tutta la Chiesa, tu sei l’ultimo punto di contatto col cielo che ha preservato la terra dal tragico blackout della grazia. Guidaci per mano alle soglie della luce, di cui la Pasqua è la sorgente suprema.
Stabilizza nel nostro spirito la dolcezza fugace delle memorie, perché nei frammenti del passato possiamo ritrovare la parte migliore di noi stessi. E ridestaci nel cuore, attraverso i segnali del futuro, una intensa nostalgia di rinnovamento, che si traduca in fiducioso impegno a camminare nella storia.
Santa Maria, donna del Sabato santo, aiutaci a capire che, in fondo, tutta la vita, sospesa com’è tra le brume del venerdì e le attese della domenica di Risurrezione, si rassomiglia tanto a quel giorno. È il giorno della speranza, in cui si fa il bucato dei lini intrisi di lacrime e di sangue, e li si asciuga al sole di primavera perché diventino tovaglie di altare.
Ripetici, insomma, che non c’è croce che non abbia le sue deposizioni. Non c’è amarezza umana che non si stemperi in sorriso. Non c’è peccato che non trovi redenzione. Non c’è sepolcro la cui pietra non sia provvisoria sulla sua imboccatura. Anche le gramaglie più nere trascolorano negli abiti della gioia. Le rapsodie più tragiche accennano ai primi passi di danza. E gli ultimi accordi delle cantilene funebri contengono già i motivi festosi dell’alleluia pasquale.
Santa Maria, donna del Sabato santo, raccontaci come, sul crepuscolo di quel giorno, ti sei preparata all’incontro col tuo figlio Risorto. Quale tunica hai indossato sulle spalle? Quali sandali hai messo ai piedi per correre più veloce sull’erba? Come ti sei annodata sul capo i lunghi capelli di nazarena? Quali parole d’amore ti andavi ripassando segretamente, per dirgliele tutto d’un fiato non appena ti fosse apparso dinanzi?
Madre dolcissima, prepara anche noi all’appuntamento con lui. Destaci l’impazienza del suo domenicale ritorno. Adornaci di vesti nuziali. Per ingannare il tempo, mettiti accanto a noi e facciamo le prove dei canti. Perché qui le ore non passano mai.

Risonanze su iniziative nel territorio locale

Il giorno 1 febbraio si è tenuta la presentazione del libro “Le storie fanno la storia”, una raccolta di testimonianze di quanti frequentano la scuola di lingua italiana «Igino Giordani» presso il Centro di accoglienza «don Vito Diana» della Caritas diocesana, presso la quale vivo, come insegnante, la mia ministerialità di laica missionaria comboniana a servizio degli immigrati. Parlando delle proprie identità culturali e di persone migranti e stranieri, le storie individuali incontrano la Storia.
Nella prefazione, il direttore della Caritas diocesana evidenzia che siamo in un momento complesso della storia. Il bene sembra fragile. Con facilità si è tacciati di buonismo, e chi non ha motivazioni profonde, con facilità viene meno. Specie davanti ai nostri fratelli e sorelle che vengono da lontano. Cosa fa la differenza, chi decide da che parte stare, cosa permette di uscire da questa silenziosa “guerra” che i “penultimi” sembrano muovere agli “ultimi”? È l’incontro reale con storie e volti. Tutti diversi. Incontrandoli, le differenze implorano desideri di convivialità più che di chiusura, le mani alzate implorano insieme il desiderio di pace e si fanno abbraccio, e pure le religioni diventano possibilità unica per essere vie di pace.

Incontro 23 febbraio 2019

LA MISSIONE


Preghiera
(Dammi, Signore, un’ala di riserva – don Tonino Bello)

Voglio ringraziarti, Signore, per il dono della vita. Ho letto da qualche parte che gli uomini sono angeli con un’ala soltanto: possono volare solo rimanendo abbracciati.
A volte nei momenti di confidenza oso pensare, Signore, che anche Tu abbia un’ala soltanto, l’altra la tieni nascosta… forse per farmi capire che Tu non vuoi volare senza me. Per questo mi hai dato la vita, perché io fossi tuo compagno di volo.
Insegnami allora a librarmi con Te perché vivere non è trascinare la vita, non è strapparla, non è rosicchiarla: vivere è abbandonarsi come un gabbiano all’ebbrezza del vento; vivere è assaporare l’avventura della libertà; vivere è stendere l’ala, l’unica ala con la fiducia di chi sa di avere nel volo un partner grande come Te.
Ma non basta saper volare con Te, Signore: Tu mi hai dato il compito di abbracciare anche il fratello, e aiutarlo a volare.
Ti chiedo perdono, perciò, per tutte le ali che non ho aiutato a distendersi: non farmi più passare indifferente davanti al fratello che è rimasto con l’ala, l’unica ala, inesorabilmente impigliata nella rete della miseria e della solitudine e si è ormai persuaso di non essere più degno di volare con Te: soprattutto per questo fratello sfortunato dammi, o Signore, un’ala di riserva.